Miroslav Tichý: il voyeur con la fotocamera fatta in casa

Miroslaw tichý

Tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’80 un uomo trasandato, sporco e malvestito vaga per le vie di Kyjov, in Cecoslovacchia, brandendo strani arnesi che somigliano a macchine fotografiche, con le quali scatta migliaia di ritratti furtivi alle donne della sua città. Quell’uomo è Miroslav Tichý.

Nato nel 1926 a Nětčice, un sobborgo di Kyjov nella Moravia meridionale dove il padre gestisce un’affermata sartoria, Miroslav Tichý trascorre la giovinezza in un ambiente sereno, rivelandosi uno studente brillante con un carattere sensibile e ironico. Negli anni ’40 inizia a frequentare con successo l’Accademia di belle arti di Praga, avviandosi a una promettente carriera artistica.

L’avvento della dittatura comunista nel febbraio del 1948 stravolge bruscamente le consuetudini sociali e destabilizza anche la vita Tichy: La nazione era stretta nella paranoia dello spionaggio –  racconta Roman Buxbaum, collezionista e biografo di Tichy – Con le sue purghe il sistema chiudeva i conti non solo con i democratici ma con chiunque avesse idee alternative. I professori più stimati e i loro assistenti furono espulsi dall’Accademia e gli studenti furono costretti a ritrarre lavoratori in tuta invece delle modelle1.

la dittatura

Il realismo socialista è la regola e Tichý reagisce male: abbandona l’Accademia, si isola e trascorre il suo tempo vagando per il parco di Stromovka a Praga, fino alla chiamata nell’esercito. Terminato il  servizio militare obbligatorio Tichý fa ritorno a Kyjov, dove vive con i genitori che nel frattempo hanno dovuto ridimensionare e poi chiudere l’attività imprenditoriale. Affitta un piccolo studio assieme a pochi colleghi, anch’essi fuoriusciti dagli ambienti istituzionali, e continua a dipingere per conto suo.

Dipinti
A sinistra: Sedící dáma (Signora seduta), circa 1960-1980, tecnica mista su carta; a destra: Dívka s modrými vlasy (Donna con capelli blu), circa 1960/1980, acquarello su carta.

Ben presto il regime comunista identifica Tichý come un sovversivo, lo mette sotto controllo e tenta a più riprese di “normalizzarlo” tramite ricoveri coatti nelle cliniche psichiatriche di Stato. In particolare, tra il 1957 e il 1959, Tichý viene ripetutamente internato nella clinica psichiatrica di Opava, di cui racconta l’orrore nelle lettere spedite ai genitori.

In quegli anni Tichý inizia a trascurare il suo aspetto e a vestirsi di stracci, vive in una stanza di cui non ha la minima cura mentre la sua vita scivola sempre più verso l’emarginazione. E’ tollerato dalla popolazione locale che lo considera un innocuo vagabondo ma di tanto in tanto subisce la brutalità della polizia e dei ricoveri psichiatrici (soprattutto in occasione delle festività, durante le quali il regime non sopporta la sua presenza in pubblico).

Miroslav tichy fotografia

Con l’invasione sovietica del 1968 Tichý va incontro a un nuovo trauma: la proprietà privata viene abolita e il suo studio viene confiscato. Di fronte alla sua resistenza, il 27 marzo 1972 le autorità sgombrano a forza i locali, gettando per strada i suoi lavori e i suoi averi.

La fotografia

E’ in quel periodo che Tichý smette di dipingere e si avvicina alla fotografia. Avevo già dipinto tutti i quadri – racconta – e terminato tutti i disegni, cos’altro potevo fare? Cercavo un nuovo strumento e con l’aiuto della fotografia ho visto le cose in un’altra prospettiva, c’era un mondo nuovo.   

Costruisce da solo le sue macchine fotografiche con materiali di recupero e trascorre il suo tempo vagando per le strade della città, dove cerca i suoi soggetti. Realizza circa 90 negativi al giorno e poi torna nello squallore della sua stanza sudicia per svilupparli e stamparli, utilizzando, anche per questi processi, strumenti fatti in casa.

Macchina fotografica

Tichý assembla le sue macchine riciclando materiali di recupero e la sua abilità è sorprendente: il corpo macchina può essere in compensato, sigillato dalla luce con l’asfalto stradale, oppure di cartone. L’otturatore è mosso da un sistema costituito da un rocchetto di filo da cucito e da elastici. Per le riprese a distanza Tichý usa un teleobiettivo ottenuo da tubi di carta igienica, le cui lenti sono ritagli di plexiglas sabbiato con carta vetrata e lucidato con una miscela di pasta dentifricia e cenere. L’ingranditore per le stampe è una combinazione di lamine di metallo, assi del recinto di casa, una lampadina e lattine. Per risparmiare acquista pellicole da 60mm che poi taglia in due nella camera oscura costruita in una baracca posta nel cortile di casa.

L’errore crea la poesia – spiega Tichý – Prima di tutto serve una pessima macchina fotografica. Quando scatto una foto non penso a niente, e non prendo sul serio nessuna idea o nessuna emozione. Nell’immagine il movimento è la cosa più importante assieme alla composizione. Il contrasto crea la fotografia: luce e ombra, questa è la composizione.

Un fotografo voyeur

Tichý è un fotografo di strada e riprende scene di vita quotidiana nella sua città. La sua attenzione però è rivolta in modo ossessivo verso i soggetti femminili, che sono inquadrati sotto ogni possibile angolazione.

Si tratta sempre di attente osservazioni delle donne di Kyjov e delle loro banali attività quotidiane – osserva Radek Horacek della Brno House of ArtBen presto però ci si rende conto della straordinarietà di queste banali occupazioni. Tichý è riuscito a trasmettere a questa banalità una sensazione di straordinario e raro (…): le calze di una donna tra un ginocchio e la gonna, o un costume da bagno, nelle sue fotografie acquistano in qualche modo un senso di mistero.4

gambe di donna Fotografia

Tichý si mantiene distante dai suoi soggetti, fotografando in fretta e furtivamente. Utilizza spesso il teleobiettivo ed è agevolato dal fatto che le persone non credono che le sue bizzarre macchine fotografiche funzionino veramente. A causa della sua apparenza non gli è consentito accedere alla piscina pubblica e quindi Tichý si adatta a scattare fotografie attraverso la recinzione.

C’è senz’altro una componente voyeristica nell’approccio di Tichý, che nasconde l’attrazione istintiva per ciò che un uomo allo sbando non può avere: Dopotutto io non esisto, dichiara. Il mondo di Tichý è una dimensione di insanabile distacco – commenta John Yau, a margine di un’esposizione tenuta a New York – (…) l’osservare per lui è fonte di meraviglia e di dolore6.

Parlando del proprio stile fotografico Tichý stesso tradisce, involontariamente, la sua condizione di profondo disagio esistenziale: una donna per me è una forma. Non mi interessa nient’altro. Anche quando vedo una donna che mi piace e con cui potrei entrare in contatto, mi rendo conto che in realtà non mi interessa. Invece prendo una matita e la disegno. L’erotismo è solo un’illusione. Il mondo stesso è un’illusione, la nostra illusione.

Fotografia

E’ la sensibilità artistica di Tichý, assieme alla sua onestà intellettuale, a sublimare un’attività fotografica che rischierebbe, altrimenti, di scadere nella grossolanità. Non sorprende che la fotografia voyerista di Tichý abbia una forte carica erotica – spiega lo scrittore Giancarlo Sanguinetti – ma sarebbe sbagliato definirle immagini pornografiche, (…) la pornografia non genera mai sorpresa e non lascia nulla all’immaginazione. Per contro, le fotografie di Tichý sono confuse e offuscate, a tal punto che l’autore a volte sente la necessità di rifinire a matita i contorni delle donne e delle ragazze che desidera ma che non può avere. Le sue immagini non sono esempi di pornografia ma di arte erotica, ed è per questo che ci sorprendono: stimolano l’immaginazione non la razionalità5.   

Miroslav Tichy donna seduta

Forme di verità

Dunque è la sovrapposizione tra la sua attività fotografica e il vissuto quotidiano che dona ai suoi lavori una connotazione di rara onestà. I suoi fotogrammi imperfetti, le immagini delicatamente erotiche scattate solo per il piacere personale, appaiono poetiche ed evocative. Si tratta però di una poesia dell’evasione, una fuga perenne dal conformismo e dalla burocrazia asfissiante imposti dalla dittatura comunista, del cui onere Tichý sembra avere chiara consapevolezza: Sono come un samurai, dichiara, e il mio solo scopo è distruggere i miei nemici.

In questo la sua opera è anche la sua autobiografia – afferma ancora Sanguinetti – perché non smette di parlarci di lui. Come spesso accade ai disperati, (Tichý) è riuscito a mettere in pratica la sua arte. Il piacere delle sue creazioni e il piacere personale sono la stessa cosa: ce ne accorgiamo subito. Si potrà imitare lo stile delle sue fotografie ma sarà solo un’esercizio sterile poiché non si potrà imitare la vita stessa di cui questa arte è intrisa e alla quale è così intimamente legata.

Tichy fotografia su cartoncino

Tutte le fotografie di Tichý sono in bianco e nero e tecnicamente sono piene di imperfezioni, anche a causa delle limitazioni imposte dal suo equipaggiamento: foto sovraesposte, sottoesposte, immagini graffiate, sfocate, sporche, strappate e mal sviluppate, a volte incollate su pezzi di cartone, con i bordi decorati a mano dall’autore. Ogni negativo è stampato una sola volta e le fotografie rimangono esposte alla polvere della sua casa e dimenticate tra il sudiciume domestico.

Ma l’imperfezione non è sempre un infortunio: Barry Schwabsky su Artforum International scrive che Tichý ha praticamente reinventato la fotografia da zero, riabilitando il soft focus e la fotografia pittorialista della fine ‘800, non come una distorsione del mezzo ma come sua essenza3.

La fama

Nel 1981 Roman Buxbaum, un amico di infanzia di Tichý, fa ritorno dall’esilio in Svizzera dove si era rifugiato durante la dittatura comunista e scopre l’attività fotografica di Tichý.  Buxbaum inizia a collezionare le sue fotografie e contatta galleristi e critici d’arte.

Nel 2004 Harald Szeemann accetta di esporre la collezione Buxbaum alla biennale di arte contemporanea di Siviglia e per Tichý si aprono le porte della notorietà: il suo lavoro vince il New Discovery Award ai Rencontres d’Arles del 2005 e viene organizzata una retrospettiva alla Kunsthaus di Zurigo. Buxbaum crea una fondazione (Tichý Oceán Foundation) per divulgare la sua opera. Nel 2008 il Centro Pompidou di Parigi ospita una mostra antologica cui fa seguito nel 2010 l’International Centre of Photography di New York.

Anche questo nuovo capitolo della sua esistenza non è privo di contrasti: nel 2009 Tichý rompe ogni legame con Buxbaum e la sua fondazione, dichiarando pubblicamente che questi sfrutta il suo lavoro senza alcuna autorizzazione, e avvia una serie di cause legali contro il suo ex-amico.

Miroslaw Tichý muore a Kyjov il 12 aprile 2011.

Pavel Vancat, autore nel 2006 di una monografia sul fotografo cecoslovacco, chiosa: Penso che queste fotografie abbiano un’atmosfera particolare del tempo in cui sono state fatte. Hanno la magia del lavoro che rispecchia il comportamento di un uomo. Come una pietra tombale su una vita davvero speciale.9

Miroslav tichý piscina fotografia
Miroslav Tichy

Qui un’ampia selezione di fotografie e dipinti di Miroslav Tichý


Note:

  1. Buxbaum, Roman. Miroslav Tichý: Tarzan Retired. americansuburbx.com.
  2. R. Wayne Parsons, The New York Photo Review, March 17 to 23, 2010, Volume 1, Number 8 http://www.nyphotoreview.com/NYPR_REVS/NYPR_REV147x.html
  3. Barry Schwabsky, Miroslav Tichy: Kunsthaus Zurich (Critical Essay). Artforum International. October 1, 2005.
  4. Hálková Jarka, 21 luglio 2006. Miroslav Tichý: A voyeur with a home-made camera. Radio Prague.
  5. G. Sanguinetti, Miroslav Tichý: Forms of Truth, http://www.notbored.org/tichy.html
  6. John Yau, The Brookyn Rail, giugno 2010 https://brooklynrail.org/2010/06/artseen/miroslav-tich
  7. Sara Mauri, La Stampa, 13 Aprile 2020 https://www.lastampa.it/tuttogreen/2020/04/13/news/miroslav-tich-la-fotografia-dell-imperfezione-1.38702524
  8. Trevor Dayley, Fstoppers, 13 giugno 2013 https://fstoppers.com/natural-light/photographer-snaps-nearly-hundred-photos-day-homemade-camera-4848
  9. Roman Buxbaum and Pavel Vančát (eds.). Miroslav Tichý. Czech Republic, FotoTorst, 2006

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